Testo costituzionale entrato in vigore il 1°
gennaio 1948, composto da 139 articoli e da 18 disposizioni finali. ●
Encicl. - Alla caduta del Fascismo, già con l'emanazione del decreto del
25 giugno 1944, n. 151, lo Stato italiano si diede un ordinamento provvisorio
nell'intento di preparare la formazione di un nuovo e stabile assetto
costituzionale, radicalmente opposto a quello precedente. Il decreto fu
successivamente modificato da un decreto legislativo luogotenenziale (16 marzo
1946, n. 98) con cui la decisione sulla forma istituzionale dello Stato
(Repubblica o Monarchia) venne sottratta all'Assemblea costituente e sottoposta
alla popolazione italiana, mediante l'istituzione di un referendum. Quest'ultimo
si svolse il 2 giugno del 1946, in parallelo alle elezioni dei deputati
dell'Assemblea costituente, e si concluse con il seguente risultato: 12.717.923
voti a favore della Repubblica e 10.719.284 voti a favore di un assetto
monarchico. L'Assemblea costituente si riunì per la prima volta il 25
giugno 1946 ed elesse come capo dello Stato provvisorio E. De Nicola (28
giugno). Il 15 luglio fu decisa la nomina di una Commissione composta da 75
membri (designati dal presidente dell'Assemblea secondo il criterio della
proporzionalità politica), incaricata dell'elaborazione e della proposta,
entro un periodo di tre mesi (tale termine fu più volte prorogato), di un
progetto di Costituzione; la Commissione dei 75 si suddivise, al suo interno, in
tre sottocommissioni. Il 31 gennaio 1947 venne presentato un progetto
costituzionale all'Assemblea costituente; la discussione di tale progetto in
Assemblea iniziò il 4 marzo 1947 e si concluse il 22 dicembre dello
stesso anno con la votazione finale, a scrutinio segreto: 453 voti favorevoli e
62 contrari. La
C. italiana fu promulgata dal provvisorio capo dello
Stato il 27 dicembre ed entrò in vigore il 1° gennaio del 1948. La
nuova
C. si caratterizzò fin da subito come un vero e proprio
Patto nazionale, in cui erano confluite le tre grandi tradizioni politiche del
Paese: quella liberale, quella cattolica e quella socialcomunista. Innegabile,
inoltre, la tragedia della guerra come sua matrice originante, nonché il
suo rapporto sia diretto che indiretto con la Resistenza, ormai totalmente
conclusa. Costituita da 139 articoli, schematicamente essa comprende: i Principi
fondamentali (artt. 1-12); una prima parte (
Diritti e doveri dei
cittadini) a sua volta divisa in: Titolo I (Rapporti civili, 13-28), Titolo
II (Rapporti etico-sociali, 29-34), Titolo III (Rapporti economici, 35-47),
Titolo IV (Rapporti politici, 48-54); una seconda parte (
Ordinamento della
Repubblica) divisa in: Titolo I (Il Parlamento, 55-82), Titolo II (Il
presidente della Repubblica, 83-91), Titolo III (Il Governo, 92-100), Titolo IV
(La Magistratura, 101-113), Titolo V (Le Regioni, le Province, i Comuni,
114-133), Titolo VI (Garanzie costituzionali, 134-139). In particolare, la
C. individua il nuovo Stato italiano come "repubblicano, democratico,
fondato sul lavoro, attivo nei processi economici, parlamentare, decentrato, non
confessionale, aperto alla comunità internazionale e basato sulla
sovranità popolare". L'art. 1 definisce l'Italia una
Repubblica
democratica fondata sul lavoro, la cui forma repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139): quindi, solo un
procedimento illegale potrebbe sopprimere la Repubblica e la struttura
costituzionale su cui essa si basa. La
C. delinea, inoltre, una serie di
istituti giuridici atti a permettere al popolo il governo dello Stato, ossia
l'esercizio della
democrazia (di volta in volta, rappresentativa, diretta
e pluralista); essa riconosce con forza il principio di uguaglianza non soltanto
formale, ma anche sostanziale (art. 3). Il
lavoro acquista rilevanza
costituzionale come diritto-dovere del cittadino (art. 4); la dignità
sociale di ogni cittadino si commisura esclusivamente alla sua capacità
di concorrere al progresso della società. Pur mantenendo gli istituti
della proprietà privata e della libera iniziativa economica, si sancisce
la liceità dell'intervento statale all'interno dei
rapporti
economici al fine di coordinare la sfera dell'attività economica
indirizzandola verso il raggiungimento di un maggior benessere comune (artt. 2,
3, 4); almeno tre sono gli strumenti di intervento previsti dalla
C. a
questo scopo: la programmazione (art. 41), l'espropriazione (art. 43), la
riforma agraria (art. 44). La definizione del
governo parlamentare
è contenuta nell'art. 94, comma 1°: vi si individua la
responsabilità politica del presidente del Consiglio di fronte alle
Camere e ciò consegue dal rapporto fiduciario instaurato tra Parlamento e
Governo (art. 95). L'istituzione di Regioni, Province e Comuni (Titolo V), con
la promozione delle autonomie locali (art. 5), ossia del
decentramento,
rappresenta una delle parti più innovative dell'ordinamento repubblicano;
forse non è un caso che le parti maggiormente qualificanti di tale Titolo
(istituzione delle Regioni, nuovo ordinamento dei Comuni e delle Province) siano
rimaste congelate per circa quarant'anni. L'art. 19 sancisce la libertà
religiosa e di culto e, insieme agli artt. 3 e 20, contribuisce a qualificare lo
Stato italiano come
non confessionale e laico. Le norme
internazionalistiche, che riguardano i rapporti dello Stato italiano con
gli altri Stati, il pacifismo, l'esigenza di proiettare anche a livello
internazionale i valori di libertà e democrazia, il solidarismo
internazionale, il garantismo nelle decisioni di politica estera, ecc., sono
espresse a livello di principi generali dagli artt. 10 e 11. Il principio della
sovranità popolare, già implicito nella definizione dello
Stato democratico, è contenuto nell'art. 1, 2° comma; sono due le
principali forme di esercizio della sovranità popolare: attraverso il
corpo elettorale (art. 48) e il voto; mediante le numerose forme di
partecipazione politica democratica (artt. 1 e 3, 2° comma; 2 e 5), come
pure attraverso la realizzazione di forme organizzative coerenti con la
struttura pluralistica del nostro ordinamento. La
C. italiana costituisce
un ordinamento rigido: alle norme in essa contenute è stata assegnata
efficacia superiore a quella delle leggi ordinarie, cosicché le leggi che
modificano la
C. stessa o le leggi in materia costituzionale devono
essere approvate dal Parlamento con
procedura aggravata (art. 138), e non
con il procedimento di formazione e di approvazione delle leggi ordinarie.
Tuttavia, gli oggettivi mutamenti nazionali e internazionali di grande spessore,
intervenuti dal 1946-47 in poi, spingono a una graduale revisione della
C., fermi restando i principi inviolabili che la sorreggono. Nei primi
anni Novanta tale eventualità è più volte emersa, non
sempre in maniera pacata o equilibrata, soprattutto in materia di riforma
elettorale maggioritaria, sistema di garanzie e disciplina
antitrust dei
mezzi d'informazione, a integrazione dell'art. 21. Va, inoltre, ricordato che
nel giugno 1990 si è costituito a Roma il
Comitato per la difesa ed il
rilancio della Costituzione, con lo scopo di avviare un'ampia battaglia per
la ricostruzione di un tessuto democratico, ritenuto alquanto snaturato, e per
il recupero del progetto complessivo contenuto nella
C. (una
società democratica, pluralista e partecipativa), attualizzato rispetto
alle nuove condizioni politiche e socio-economiche. Le prime iniziative del
Comitato hanno riguardato: le riforme elettorali; il caso Gladio con conseguente
richiesta di dimissioni del presidente Cossiga; la ricorrenza della strage di
Milano (12 dicembre 1969); la discussa partecipazione italiana alla guerra del
Golfo.